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NOTE

107 Charles de Brosses Lettres familières... p. 74
108 Charles de Brosses Lettres familières... p. 723
109 Verrà distrutto da un incendio nel 1776. Due anni dopo, si inaugurerà il Teatro alla Scala.
110 Charles de Brosses Lettres familières... p. 723-724

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Il teatro musicale a Milano fra un incendio e l’altro
Nel 1576 era stato eretto un teatro, ma scoppiò la peste e per quasi vent’anni, data l’inesorabile censura dell’arcivescovo Borromeo, ogni forma di spettacolo fu sospesa. Nel 1598 fu costruito, all’interno del Palazzo Ducale, e quindi rimarrà riservato alla nobiltà, un teatro che si chiamò «Salone Margherita» (in onore di Margherita d’Austria). Accanendosi a Milano la controriforma cattolica contro ogni forma di spettacolo (erano consentiti soltanto i canti processionali), la frequentazione del teatro in musica venne in pratica riservata agli aristocratici. Fino a che, all’inizio del Settecento, non si incendia il Salone Margherita, e gli spettacoli operistici devono giocoforza essere almeno provvisoriamente spostati in un teatrino aperto anche al pubblico. La nobiltà milanese chiede a Vienna che venga costruito un teatro a sue spese, nello stesso luogo del Salone Margherita, quindi ancora all’interno del Palazzo Ducale, e perciò ancora riservato. Il Teatro Ducale viene edificato a tempo di record in meno di un anno nel 1717, forse in troppa economia, visto che nel 1752 si dovette già restaurarlo, sulle rovine del Salone Margherita. Durante il Carnevale 1776, un nuovo incendio, forse doloso, incenerisce anche il Teatro Ducale, che dopo breve tempo viene sostituito dal Teatro alla Scala.
Racconta Charles de Brosse, che durante il viaggio che compì in Italia fra il 1739 e il 1740, fece tappa anche a Milano: «La passeggiata si fa andando al Corso, fermandosi con la propria carrozza e conversando da uno sportello all’altro, senza muovere un passo. Le donne non si accompagnano mai fra loro; ma capita spesso di vedere una donna con uno o più uomini, fra i quali non figura mai il marito»
107. Ci arriveremo presto anche noi a non fare nemmeno più un passo e a parlarci senza neppure scendere dalle automobili... Noi però non avremo a disposizione la schiera di servitori pronti a prelevarci dalle macchine, dopo che avremo perso l’uso delle gambe!!
La vita in città era impegnativa, ricca di sollecitazioni: «Andiamo la sera all’Opera, corriamo la notte al ballo»
108. Si frequentavano i teatri per stare in società.
Nel Teatro Ducale
109, disposto «all’italiana» con la platea a ferro di cavallo e i palchi soprastanti, non esistevano le file di poltrone che siamo abituati a vedere oggi, in platea, ma solo qualche panca. Il teatro rimaneva tutto illuminato, anche durante gli spettacoli. Gli spettatori passeggiavano, chiacchieravano, discutevano, amoreggiavano.
«...Suppongo che la troverei ottima [la musica], se potessi udirla; ma la platea è pazza o ubriaca, o piuttosto tutt’e due le cose assieme. Non vi può essere nulla di più disperante, e nello stesso tempo di più impertinente, del rumore che essa fa; peggio del mercato. Non basta che tutti discutano con quanta voce hanno in corpo, e applaudano con grandi boati, non i canti, ma i cantanti, appena appaiono in scena, e finché dura il loro canto, senza ascoltarlo; i signori della platea sono anche muniti di lunghi bastoni fessi, con i quali picchiano con tutta la forza sui banchi in segno di ammirazione: hanno dei corrispondenti nella quinta fila di palchi, i quali, a questo segnale, lanciano a milioni fogli contenenti un sonetto stampato in onore della signora o del virtuoso che ha cantato… Più chiasso si fa e più grande è il trionfo»
110. Al pubblico più popolare della platea e del loggione si contrappone il pubblico elegante dei palchi, ma dappertutto si vedevano persone intente in svariate attività, che poco avevano a che vedere con la rappresentazione musicale: alcuni impegnati a leggere, molti a conversare, altri ancora occupati in gare di seduzione e di tradimento; c’era chi giocava d’azzardo e chi invece ne approfittava per cedere al sonno.
Nei palchi, si poteva mangiare, bere, ricevere gli amici, talvolta seguire perfino lo spettacolo. Tutta la società milanese gravitava intorno al mondo dell’opera.