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NOTE

48 Bruno Pellegrino Porta Ticinese p. 142
49 L’aquila era il segno dell’impero.
50 “ Francesco da Pusterla, il quale in Milano sopra ogni altro citadino de richeze abundava... ”: Bernardino Corio Storia di Milano [pubblicata a Milano il 15 luglio 1503] a cura di Anna Morisi Guerra, volume I, edizioni Utet, Torino 1978, p. 748
51 Cugina di Galeazzo e Luchino Visconti
52 Secondo un’altra versione, a Invorio, in provincia di Novara, dove un tempo vi era un insediamento appartenuto ai Visconti, tra le rovine dell’antico castello, tra i muri della torre e nel parco che circonda l’insediamento, si aggira ancora il fantasma di Margherita Pusterla che piange i suoi cari. Dopo l’uccisione del marito e dei figli, Margherita fu tradotta nel possedimento visconteo di Invorio, ma avendo nuovamente rifiutato le profferte di Luchino, venne murata in una segreta e uccisa.
53 Pietro Verri Storia di Milano capitolo XII

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Stretta di Pusterla tra tragedie e fantasmi
La potente famiglia dei Pusterla si è estinta, e ne rimane il ricordo solo nell’appellativo del minuscolo vicolo che incrocia la via Palla. Un tempo invece era un lungo viale in cui sorgevano le splendide case della famiglia Pusterla. Come scriveva Carlo Torre: «… in questo sito tenevano superbo Palagio, che ancora resta memoria di lui, per lungo viale, che vedesi qui vicino, chiamato lo Strettone de’ Pusterli». Del «superbo Palagio» rimane soltanto «l’alta fiancata» sul lato sinistro del sopravvissuto vicolo Pusterla, che «ancora conserva» nel «brunito laterizio l’impronta medievale»
48. La microscopica viuzza è in condizioni miserrime, quasi una discarica. Ci fa riflettere sulla fugacità della vita, sulla sua precarietà. Quell’illustre casato, di origine longobarda, dipendeva direttamente dall’imperatore, tanto da esibire nello stendardo un’aquila nera su fondo giallo, come chiaro simbolo di feudi imperiali49. I Pusterla ebbero altissime cariche civili, militari, ecclesiastiche, e ne conseguirono ingenti ricchezze. Possedevano più di trenta ville con ampissime tenute. A Milano spadroneggiavano da Sant’Alessandro al Carrobbio. Luchino Visconti, forse per invidia del loro strapotere o per essere stato respinto dalla bellissima sposa di Francesco Pusterla50, Margherita51, o magari per entrambe le motivazioni, imprigionò tutti i Pusterla, compresi i figli piccoli e l’integerrima Margherita52, con l’accusa di congiura nei confronti dei signori di Milano, e nel 1341 li fece decapitare. Sentiamo che cosa ci narra Pietro Verri:

«... Francesco Pusterla, nobile ed onorato cittadino non solo, ma uno de’ più amabili, più ricchi e più splendidi signori di Milano, aveva in moglie la signora Margherita... donna di esimia grazia e bellezza. Luchino pensò di sedurla... ma trovò nella virtuosa Margherita fedeltà... e... amore verso lo sposo.... Tutto era disposto per discacciare con una rivoluzione questo principe dal suo trono... Ma Luchino prese talmente le sue misure, che Francesco Pusterla, fautor principale della congiura, appena ebbe tempo bastante di salvarsi colla fuga, e di ricoverarsi presso del papa in Avignone. Non risparmiò spesa o cura Luchino per attorniare in Avignone istesso il Pusterla d’insidie e di consiglieri... alla fine il Pusterla si arrese, s’imbarcò, e per mare si trasferì a Pisa; ove venne arrestato dai Pisani, che temevano le armi di Luchino, e a lui fu consegnato. Francesco Pusterla, trasportato a Milano, terminò la sua vita coll’ultimo supplicio. Un gran numero de’ suoi amici diedero al popolo lo stesso spettacolo; e quello che rese ancora più crudele la tragedia, si fu che la nobile e virtuosa Margherita dovette, al paro degli altri, finire nelle mani del carnefice. Il luogo in cui si eseguì la carnificina fu al Broletto Nuovo, cioè alla piazza de’ Mercanti, dalla parte ove alloggiava il podestà... da dove solennemente il giudice pronunziava le sentenze di morte. I nobili venivano ivi su quella piazza abbandonati all’esecuzione...»
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Al calar delle tenebre, i fantasmi dei Pusterla vagano ancora inquieti nelle vicinanze del loro palazzo, in cerca di pace. Neppure la tragica fine del persecutore, Luchino Visconti, avvelenato dalla moglie il 24 gennaio 1349, riuscì ad acquietarli.