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NOTE

8 Il terzo dei precetti, ossia delle prescrizioni della chiesa cattolica romana ai fedeli, promulgati nel XVII secolo, richiede di “comunicarsi almeno a Pasqua ”. Ogni fedele a Pasqua aveva quindi l’obbligo, durante la celebrazione della Messa, di accostarsi all’altare per ricevere il pane consacrato.

9 Maurice Vaussard L’Italia nel Settecento edizioni Rizzoli, Milano 2001, p. 86-97

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Quando le contrade non avevano nomi, o se anche li avevano, era impossibile scoprirli, non esistendo targhe di riferimento come quelle a cui siamo abituati noi, non esistevano neppure i numeri sulle case. Il recapito delle lettere? Già, un bel problema… Per risolverlo, come pure per ritrovare un parente che si era trasferito o cercare una bottega o un ufficio, si ricorreva agli alacri «servitori di piazza», che, aguzzando l’ingegno, si erano inventati la loro attività. A dire il vero, la popolazione di Milano era stata quasi annientata dalla peste del 1630, che mietè ottantacinquemila vittime; nel 1790, gli abitanti ammontavano a circa centotrentamila. Solitamente, la città era suddivisa a seconda della parrocchia. Quando si ricercano notizie di qualche famiglia, in Archivio, si deve innanzitutto individuare la parrocchia relativa. Nel nostro caso, quella di s. Alessandro. A Milano intorno alla metà del Settecento vi erano più di duecentocinquanta chiese. Quindi, ci si conosceva tutti, perlomeno all’interno di ogni classe sociale. E si sapeva praticamente tutto, dalle disponibilità finanziarie, ai matrimoni. In tal modo, anche lo Stato poteva tenere costantemente sotto controllo i sudditi.

L’occhio «clinico» del servitore di piazza nota quindi ogni variazione, figurarsi un viaggiatore, un forestiero. Difatti, appena ci ha focalizzato, è subito corso a offrirci i suoi servigi, pensando che altrimenti ci saremmo trovati persi.

Il clero fino alla fine del Settecento, qui come in altri Stati italiani, era il principale proprietario terriero e godeva di particolari privilegi. La chiesa imperava, quindi, e imponeva l’osservanza almeno di alcune normative, dai giorni di digiuno, al precetto della Pasqua
8. Per tutte le domeniche in cui era possibile ottemperare al precetto pasquale, il parroco esortava i fedeli a comunicarsi, minacciando la scomunica per chi non avesse obbedito. Se nonostante le esortazioni qualcuno si fosse sottratto all’obbligo, alla porta della chiesa sarebbe stato affisso un elenco che riportava nome, età, domicilio, professione dei refrattari. Il parroco poteva consegnare o meno all’autorità civile l’elenco degli irriducibili, affinché fossero arrestati e tradotti in carcere fino a quando non si fossero sottomessi alla richiesta.
I giorni di festa in cui non si lavorava, nel Cinquecento e nel Seicento erano all’incirca cento, oltre alle domeniche; verso la fine del Settecento si ridussero a quasi cinquanta, di cui trentasei con l’obbligo di partecipare alla Messa, oltre alle domeniche, e successivamente a diciannove
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